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PREMESSA
La maggior parte delle fonti antiche su cui facciamo affidamento per la conoscenza di questo periodo sono state scritte alcuni secoli dopo gli eventi accaduti e devono essere utilizzate con molta cautela. Livio, che è la nostra fonte primaria per le Guerre Sannitiche, ammette durante il racconto di questi avvenimenti che:
"Non è facile scegliere tra le varie versioni e i diversi autori. Ho l'impressione che i fatti siano stati alterati dagli elogi funebri o da false iscrizioni collocate sotto i busti, dato che ogni famiglia cerca di attribuirsi il merito di gesta gloriose con menzogne che traggono in inganno. Da quella pratica discendono sicuramente sia le confusioni nelle gesta dei singoli individui, sia quelle relative alle documentazioni pubbliche; per quegli anni non disponiamo di autori contemporanei agli eventi, sui quali ci si possa quindi basare con certezza" (Livio VIII, 40).
Comunque sia, è da tener conto che gli avvenimenti narrati sono sempre in riferimento alla cronologia classica romana, basata sul calcolo derivante dal potere succedutosi a capo della Repubblica, i Fasti Consulares, e dai Trionfi (1), cioè il tributo che il Senato romano concedeva al Console che aveva svolto in quell'anno l'impresa bellica più importante. Ciò significa che i fatti si relazionano al nome del Console o Dittatore romano nel cui periodo di potere è accaduto l'avvenimento. Nessun testo ci è pervenuto da parte di scrittori o storici sanniti.
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LA PRIMA GUERRA SANNITICA
(343 - 341 a.C.)
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I rapporti intercorsi con le colonie greche dell'Italia meridionale e con le popolazioni etrusche durante le lotte che caratterizzarono il V secolo a.C. per il controllo dell'Agro Campano ( vedi pagine dedicate), favorirono la crescita sociale e culturale dei Sanniti tanto da incoraggiarli nella ricerca di nuove fonti di guadagno e quindi alla riorganizzazione della loro economia di mercato. Le conseguenze furono l'ampliamento della propria sfera di influenza militare sui territori limitrofi al Sannio e, intorno agli inizi del IV secolo a.C., la frequentazione di nuove aree di scambio dove commerciare manufatti e bestiame ed il controllo di importanti giacimenti metalliferi per la produzione di utensili e soprattutto di armi.
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Con il tempo furono annesse porzioni sempre maggiori di territori contigui, attuando una vera e propria espansione tramite conquista.
Non ci è noto come la Lega Sannitica spartisse le terre annesse tra le comunità che la componevano, ma che si sia trattato di violente conquiste è fuor di dubbio.
I guerrieri della Lega non si accontevano di effettuare incursioni al solo scopo di razzia. I Sanniti, avendo bisogno di buoni pascoli per le loro greggi, miravano al controllo del territorio e ad una costante presenza su di esso, operando una vera e propria colonizzazione. Erano particolarmente attratti dalle pianure dell'Apulia, dalla vallata del Liri dominata dai Volsci, e dalla terra più fertile e ricca di tutte: la Campania.
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Guerriero sannita - IV Secolo a.C. (2)
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Indubbiamente i loro vicini li aggredivano per rappresaglia, ma in questi violenti scontri i Sanniti avevano la meglio, parte perchè spinti ad essere piu risoluti e tenaci dalla maggiore necessità e parte perchè, a differenza dei loro vicini, avevano un esercito meglio equipaggiato e più numeroso, con uomini meglio addestrati all'uso delle armi.
Si spinsero ad est, verso l'Apulia, stabilendo il proprio controllo su Luceria che, anche se non proprio sannita, era certamente in termini d'amicizia con essi. Ad ovest, verso la Campania, si insediarono saldamente su entrambe le sponde del medio e alto Volturno: Cubulteria, Trebula e Venafrum, a ovest del fiume, rimasero tutte sannite per gran parte del periodo delle guerre contro Roma. A nord-ovest andarono inoltrandosi sempre più verso il bacino del Liri scontrandosi più volte con gli abitanti Volsci: Atina e Casinum divennero città sannite.
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Le mire espansionistiche delle due potenze militari nel IV secolo a.C.
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Ciò li portò pericolosamente vicini al Lazio dove, alla metà del IV secolo a.C., i Romani avevano acquisito il predominio politico del territorio conquistandolo con le armi e controllando i flussi di gente e mercanzie mediante colonie ed alleanze con cittadine amiche. Le segnalazioni di continue incursioni ben oltre il fiume Liri iniziarono a giungere all'Urbe con regolare ed inquieta cadenza tanto da spingere le autorità ad inviare osservatori.
Prima o poi lo scontro tra i due popoli doveva inevitabilmente accadere.
I Romani, dal canto loro, avevano già subito l'onta dei Celti e del loro capo Brenno ("Vae victis!" - 386 a.C.), uscendo da quella situazione solo con diplomazia e molto denaro. In seguito a questo avvenimento assunsero come priorità assoluta il controllo dei territori e delle popolazioni stanzianti limitrofe Roma.
A nord i continui tafferugli con gli Etruschi davano loro filo da torcere ma erano controllabili, a sud i Volsci ed altre popolazioni latine erano state più volte ridimensionate nelle loro mire di autonomia tanto da averle indebolite drasticamente. Si aprivano così per i Romani i territori delle fertili pianure sia del fiume Liri sia, più a sud, della Campania. Esattamente verso la direttrice di espansione dei Sanniti.
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Cavalieri romani ascoltano un hastatus che indica le posizioni dei Sanniti (3).
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Per ambedue i popoli l'area del medio Liri divenne di importanza cruciale e fu nel contendersi quest'area che iniziò la grande lotta per la supremazia sull'Italia. Erano in gioco necessità fondamentali, oltre ai fertili terreni ed alle risorse minerarie, anche la libertà di entrambi i popoli.
Lo scontro con i Romani fu dunque inevitabile ma ambedue i contendenti si resero conto subito della consistenza belligera dell'avversario e l'approccio sbagliato al problema. Sicuramente, dopo le prime battaglie, entrarono in azione più le parole che le armi, essendo coscienti del fatto che combattendo tra di loro indebolivano le rispettive difese contro gli attacchi di altre popolazioni italiche.
Così, nel 354 a.C., fu stipulato un trattato tra i Sanniti ed i Romani dove venivano sanciti i termini di una pace che delimitava le aree territoriali dei due popoli.
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I primi scontri tra i due popoli (4).
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Ovviamente si trattava di un accordo tra uguali, tra due poteri della stessa statura, e fu il primo trattato firmato dai Romani con un popolo al di fuori del territorio laziale. Il trattato, più che altro un compromesso, fu discusso dagli emissari dei due popoli e sanciva per ambedue sia diritti che obblighi e quindi, oltre a delimitare le rispettive aree territoriali di influenza, ne individuava anche il loro limite fisico: il fiume Liri.
Nessuno doveva oltrepassare quel limite, altrimenti il trattato sarebbe decaduto e si sarebbe tornati alle armi.
Per molto tempo il patto fu rispettato, forse per più di dieci anni. In questo lasso di tempo ambedue i popoli si spinsero verso il medio Liri senza mai oltrepassarlo, ma i Sanniti rafforzarono la propria presenza nei territori campani la cui area, pur se non compresa nel trattato, era comunque situata dalla parte del fiume Liri di loro competenza.
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I Romani iniziarono a temere questo controllo sannita su territori così vasti e ricchi di risorse naturali tanto da meditare un intervento armato. Ma ciò significava infrangere un patto consacrato agli Dei e, per le credenze dell'epoca, era un passo da ponderare seriamente.
Per non rompere la pace siglata aspettarono di trovare il momento propizio ed il modo adatto per non attirarsi la collera divina. La Campania settentrionale divenne quindi il nuovo pomo della discordia ed ai Romani si presentò presto un avvenimento che permise loro di oltrepassare i limiti del Liri sanciti dal trattato di pace senza infrangerlo.
Nel 343 a.C. i Sanniti si trovarono a contatto con i Sidicini, gente di lingua osca che popolava il territorio di Teanum sul confine occidentale del Sannio e che, purtroppo, occupava una zona cruciale per le loro mire espansionistiche. Infatti la zona dei Sidicini si trovava sulla direttrice naturale di penetrazione che dal Sannio conduceva in Campania settentrionale, per cui era importante assumerne il controllo.
Allarmati, i Sidicini invocarono l'aiuto dei Campani, cioè proprio di quelle genti che gli stessi Sanniti in passato avevano aiutato a rivendicare una propria autonomia sostenendoli nella lotta di liberazione dal giogo dei colonizzatori etruschi e che in seguito si erano organizzati in una Lega controllata dalla città di Capua.
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Ai Sanniti non piacque l'intromissione dei Campani e mossero loro contro, conquistando tutti i territori intorno alla città di Capua. A quel punto, secondo Tito Livio, i Campani chiesero l'intervento di Roma, che si fingeva restia ad intervenire per non infrangere il patto siglato. In effetti la zona dove si svolsero questi avvenimenti era nel territorio spettante al controllo dei Sanniti, a sud del fiume Liri, come stabilito dal trattato del 354. Ma Roma, consapevole che mantener fede a quel trattato significava far crescere una potenza militare capace di minacciare le proprie mura cittadine, intervenne in aiuto dei Campani inviando l'esercito a Capua. Più che altro furono le famiglie senatoriali romane a spingere verso l'interventismo, allettate dall'accaparramento di quelle fertili terre.
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Il messaggio di Roma ai Sanniti affinchè rispettassero la città di Capua come municipio romano (5).
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Lo stratagemma che infranse il patto romano-sannitico fu quello di concedere la cittadinanza romana ai capuani.
I Sanniti, dall'altra parte, non potevano tollerare che i Campani, e quindi i Sidicini, passassero sotto l'influenza romana. La contesa tra le due potenze sfociò subito in guerra.
Dopo una prima serie di vittorie romane, come quella al monte Gauro, vicino Napoli, ed a Suessula, i Sanniti con grande audacia riuscirono a controbattere ed a far ripiegare le forze nemiche quasi al di fuori dei territori della Campania settentrionale. Tra i Magister Equitum e Consoli romani che scesero in campo, si ricordano Marco Valerio Corvo, Caio Marcio Rutilo ed Emilio Mamercino. Dei Meddix sanniti gli storici romani non hanno tramandato nulla.
In seguito, dopo il tributo di sangue versato in due anni di guerra, ambedue le forze antagoniste si resero conto che la questione doveva essere risolta in modo diverso dalla guerra, visti i continui e ripetuti attacchi di altre popolazioni italiche da dover fronteggiare ambedue per proprio conto. Così ripristinarono il trattato del 354 con alcune modifiche che portarono la Campania settentrionale sotto l'influenza di Roma, lasciando ai Sanniti le terre dei Sidicini e quindi l'importante controllo delle vie d'accesso alla stessa Campania.
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Stipula del trattato di pace tra Sanniti e Romani (6).
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Anche se per i Romani rimaneva aperto, per i collegamenti con i territori del meridione, solo l'accesso costiero di Terracina, il ripristino dell'intesa romano-sannitica permise a Roma di sistemare le velleità di ribellione scaturite in seno ad alcune popolazioni latine ed etrusche, evitando così di dover combattere su più fronti.
Analizzando questi avvenimenti, possiamo sicuramente affermare che di necessità si fece virtù e che comunque anche questa volta si trattò di un "foedus aequum" (trattato equo), stipulato tra eguali. E' da sottolineare che le condizioni imposero la rinuncia romana alla difesa del popolo per il quale la guerra era iniziata ed il conseguente abbandono di un'area strategicamente importante per i contatti con il sud della penisola.
Purtroppo la ratifica del rinnovato trattato, anche se procurò una lunga pace tra i due popoli, diminuì sensibilmente la potenza d'intervento dei Sanniti, compromessa dall'ampliamento della sfera d'influenza romana su di un territorio ormai tanto vasto da rivaleggiare con quello originario del Lazio. Infatti il controllo romano di quelle terre apportò nuove braccia e tributi a Roma che inevitabilmente si tradussero in un accrescimento sia demografico che militare e quindi economico.
Le mire espansionistiche di Roma volgevano ormai essenzialmente al sud. Poco tempo dopo la ratifica del trattato iniziarono le annessioni con il sistema delle "colonie latine", cioè agglomerati urbani sotto controllo romano, coinvolgendo molti insediamenti sia nell'attuale area frusinate che nella Campania occidentale, troppo vicino ai territori storici dei Sanniti.
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NOTE
(1) La cronologia classica, su cui si basano tutte le ricostruzioni storiche, non trova unanime consenso in quanto è stata rilevata una certa discrepanza di anni tra molti degli avvenimenti descritti e la successione cronologica dei consolati romani. In questa ricostruzione degli avvenimenti accaduti durante il periodo delle Guerre Sannitiche, come nel resto del sito Internet, vige la cronologia classica che ritroviamo su tutti i libri di scuola ma, per chi volesse approfondire l'argomento, è possibile saperne di più consultando il testo: M. Sordi - Roma e i Sanniti nel IV secolo a.C. - Licinio Cappelli Editore - Roma 1969
(2) Guerriero Sannita - Figura 54mm - Scolpita da Luca Baldino e dipinta da Massimo Moro.
(3) L'immagine è tratta da: Early Roman Armies - © Osprey Publishing.
(4) Il disegno è dell'illustratore russo Nikolas Zubkov. La tavola è stampata da Universal Publishing for AeroArt International di Londra.
(5) Incisione di Ballarini tratta dal libro di Pasquale Albino "Ricordi storici e monumentali del Sannio Pentro e della Frentania" - Campobasso Tip. De Nigris 1879
(6) La stipula di un trattato di pace tra due popoli italici avveniva in maniera molto solenne, accentuando la sacralità dell'avvenimento. La scena si svolgeva all'interno di un tempio o di un'area sacra (sul modello dell'hortz sannitico) davanti alla statua del Dio. Il giuramento avveniva sulla carcassa di un animale sacrificato, molto spesso un piccolo cinghiale. Nell'immagine si riconoscono, ad iniziare da sinistra, il "Fetiales" romano, il Meddix sannita, tre sacerdoti che mantengono l'animale sacrificato ed il Console romano.
L'immagine è tratta da: Early Roman Armies - © Osprey Publishing.
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Storia dei Sanniti e del Sannio - Davide Monaco - Isernia
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